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Football hooliganism, la violenza skinhead nel calcio

Le sottoculture giovanili, il calcio e l’hooliganismo sono tre espressioni dell’Inghilterra; ne parla un libro, Football Hooliganism di John Clarke, tradotto da Luca Benvenga per la Derive Approdi. Il sottotitolo dell’opera è Calcio e violenza operaia, proprio per evidenziare questo legame tra il football e la working class. Il calcio non solo come attività ricreativa, semplice passatempo storicamente connotato per classe. Il calcio come asserzione e sentimento di appartenenza ad un universo simbolico, una linea di coordinamento che agisce nella sfera della socializzazione e del consumo, della trascendenza psichica e della mitizzazione di un feticcio, di un totem che legittima l’imposizione di una forza collettiva, enfatizza le caratterizzazioni di una città, di un territorio, con le sue regole, le sue icone e la sua tradizione. Il calcio come sport popolare che nasce nel XIX secolo per normare le classi subalterne, strozzare il malcontento e garantire un controllo sociale alla Corona della Gran Bretagna, assegnare uno status sulla base del capitale reputazionale” accumulato e connesso alla repressione delle pulsioni istintuali. Una forma di combinazione tra l’emancipazione dai ritmi del lavoro e la loro riproduzione in attività apparentemente “emancipate”, ma che finivano per essere la definizione, neanche troppo forzata, di una vita in cui gli svaghi e le interazioni seguivano le logiche della produzione. Il calcio come dispositivo di resistenza, possibile varco e controcondotta adoperata dalle giovani generazioni di Skinhead negli anni Sessanta e Settanta, esplicitando una loro collocazione, consumando uno strappo con la cultura dei loro padri e agendo una rivendicazione identitaria al di fuori di un nuovo modello occupazionale che si avviava a trasformarsi, esposto alle fluttuazioni del mercato che determinava rocambolesche espulsioni di forza-lavoro operaia dalle fabbriche, luogo in cui la maschilità “no ad allora si era espressa. E che da ora in poi si esternalizzerà non più nei processi produttivi. Ma negli stadi. Muovendo da una prospettiva storica, Clarke passa a giudizio atteggiamenti e scenari inediti in quegli anni. Attraversando epoche differenti mette sotto lalente conoscitiva, oltre all’evoluzione che ha investito questo sport in termini strutturali e più propriamente di partecipazione agli eventi, la tesi della violenza come conditio sine qua non per una crescente preoccupazione di gruppi di giovani partoriti dalla deindustrializzazione. Così riaffermando nella«passione aggressiva» i valori di una classe e l’esasperato senso di territorialità con la riappropriazione dei campi, in una logica tutta operaia dipresidio simbolico di uno spazio (come lo street corner, la piazzetta o il quartiere) che emerge per contrapposizione («questa la zona della banda X,quella della banda Y»). Secondo Clarke, “il progressivo cambiamento che interesserà il gioco del calcio nel secondo dopoguerra è, per i “gli della working class britannica, il pretesto per l’esplosione di un sentimento di frustrazione e di un generale malcontento nei confronti della società. Il «football hooliganism» si afferma così in nome di una volontà di esprimere una refrattarietà all’imposizione diun modello-calcio che si sposta coattivamente verso la professionalizzazione(cura della tattica, studio delle situazioni di gioco, ecc.), la commercializzazione (tribune coperte, social club per i tifosi,ecc.) e la spettacolarizzazione (presenza di cheerleader o il lancio dei palloncini nel pre-match, competizioni internazionali, ecc.). Questo rifiuto galoppante, che si formalizza al servizio di un progressivo processo diidentificazione collettiva, è possibile interpretarlo come un tentativo di recupero delle radici culturali (oramai erose) di uno sport popolare, storicamente connesso in un rapporto costitutivo con le trasformazioni che hanno caratterizzato la sfera economica e politico-culturale delle società. È la crisi occupazionale degli anni Sessanta e Settanta che segnerà di elementi sempre più conflittuali la sfera comportamentale di vasti settori di forza-lavoro, giovani polarizzati nelle periferie che si troveranno a valorizzare la marginalità e costruire la maschilità aggregandosi nelle curve degli stadi: con l’inverarsi della dissoluzione del contesto sociale e produttivo all’interno del quale si riproduceva in passato lo scontro di classe, si ha il bisogno di trovare un’articolazione identitaria nelle moderne dinamiche di regolazione del conflitto sociale”. Un libro, questo, che necessita di ampio respiro, che porta con sé una serie di questioni ancora oggi attuali, problematizzando i fattori che sono all’origine della violenza legata al calcio inglese, e generalizzando in quello anglosassone, in cui la perdita di protagonismo e di “militanza attiva” dei tifosi delle ends ha generato un generale sconquasso tra i giovani delle periferie, tra i disoccupati e la forza-lavoro non qualificata dei quartieri operai. In sintesi, “l’obiettivo principale dell’autore è quello di analizzare il calcio, e con esso il fenomeno del teppismo, attraverso le sue dimensioni sociali e culturali, prestando particolare attenzione lle cause che hanno determinato la violenza negli stadi. Detto ciò, si fornisce un primo excursus storico sul problema delle intemperanze a partire dalla “ne dell’Ottocento,procedendo a spiegare la formazione dei disordini di quelle che saranno, con il tempo, le avanguardie, con i dovuti distinguo, delle attuali tifoserie di calcio in Inghilterra negli anni della motorizzazione di massa e dell’autonomizzazione salariale dei giovani, per comprendere quali forze centrifughe hanno innescato la «resistenza»”. Questo volume offre un diversificato quadro analitico per uno studio complessivo dell’hooliganismo,fenomeno particolarmente rilevante se consideriamo la sua graduale evoluzione, pronto ad attrarre in un numero sempre più crescente di giovani di ogni latitudine ed estrazione sociale, culturale, politica ed economica”, taleda fornire “una dettagliata ricostruzione concettuale tale da poter cogliere quelle che sono le peculiarità generali dell’espressione della violenza collettiva nel calcio”.

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